È approdata in sede di legittimità una controversia promossa da due imprese (una delle quali ha rinunziato al ricorso per cassazione, dopo aver raggiunto un accordo transattivo con la controparte) che contestavano a una banca di aver revocato, con effetto immediato, senza preavviso e senza motivazione alcuna, gli affidamenti concessi, impedendo loro di operare sui relativi conti d’appoggio.
Il collegio giudicante ha stabilito di rimettere il procedimento alla pubblica udienza, in virtù dell’art. 375, ultimo comma, c.p.c., nella testo anteriore alle modifiche apportate a tale disposizione dal d.leg. 149/22, che ha abrogato il menzionato comma nel quadro della rivisitazione del procedimento dinanzi alla Suprema corte, operata dallo stesso decreto. Alla luce della disciplina transitoria (art. 35, commi 5 e 6, d.leg. 149/22; la numerazione dei commi è quella risultante a seguito della riscrittura della norma ad opera dell’art. 1, comma 380, l. 197/22), siffatte modifiche – come pure le altre che hanno investito il capo del codice dei rito dedicato al ricorso per cassazione – si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023; la nuova versione dell’art. 375 c.p.c. – nonché degli artt. 372, 376, 377, 378, 379, 380, 380 bis, 380 bis.1, 380 ter, 390 e 391 bis – trova altresì applicazione nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio.
L’ordinanza interlocutoria qui riportata ha, infatti, ravvisato la particolare rilevanza della questione di diritto “se sia legittimo il recesso per giusta causa intimato dalla banca senza indicazione della ragione giustificativa”. Al riguardo, con riferimento a un’ipotesi in cui il recesso di una banca da un rapporto di apertura di credito era pattiziamente previsto anche in difetto di giusta causa, va segnalato che, secondo Cass. 24 agosto 2016, n. 17291, Foro it., Rep. 2016, voce Contratti bancari, n. 44, detto recesso deve considerarsi illegittimo, in ragione di un’interpretazione del contratto secondo buona fede, ove in concreto assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari, contrastando, cioè, con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai rapporti usualmente tenuti dalla banca ed all’assoluta normalità commerciale di quelli in atto, abbia fatto conto di poter disporre della provvista redditizia per il tempo previsto e non sia, dunque, pronto alla restituzione, in qualsiasi momento, delle somme utilizzate; sennonché, incombe al debitore, il quale agisce per far dichiarare l’arbitrarietà del recesso, l’onere di allegare l’irragionevolezza delle giustificazioni date dalla banca, dimostrando la sufficienza della propria garanzia patrimoniale così come risultante a seguito degli atti di disposizione compiuti. Inoltre, tra le decisioni di merito edite, può ricordarsi Trib. Milano 20 gennaio 2006, id., Rep. 2008, voce cit., n. 36, che ha fatto gravare sull’accreditato l’onere di provare che il recesso della banca dal apertura di credito a tempo indeterminato fosse privo di ragionevole giustificazione.