Mantenimento prole e ascendenti, i nonni ricchi

Mantenimento prole e ascendenti, i nonni ricchi

Mantenimento della prole, impossibilità dei genitori e concorso degli ascendenti ex art. 316-bis c.c. tra litisconsorzio e solidarietà
Corte di Cassazione; sezione I civile; ordinanza 17 ottobre 2022, n. 30368; Pres. Bisogni, Est. Crolla
L’ordinanza interlocutoria in rassegna ha affrontato una questione di diritto priva di specifici precedenti nonché di rilevanza nomofilattica e, dunque, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo per la decisione in pubblica udienza ex art. 375, comma 2°, c.p.c.
La questione giuridica meritevole di essere approfondita riguarda, in particolare, la possibilità della parte coinvolta nella vicenda familiare relativa all’assegno per il mantenimento del figlio minore – quale è l’ascendente della parte paterna chiamato a contribuire per il mantenimento ex art. 316-bis, comma 1, c.c. – di proporre domanda di revisione della decisione che gli ha imposto il versamento del contributo deducendo circostanze relative alla ripartizione del carico economico anche nei confronti degli ascendenti di parte materna che non hanno partecipato al procedimento sfociato nel provvedimento di cui si chiede la modifica.
La norma di riferimento al riguardo è l’art 316-bis c.c. (che ha sostituito senza modifiche l’art. 148 c.c.) a tenore della quale quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
L’ordinanza in nota rammenta che la giurisprudenza che si è formata su tale disposizione ha affermato che l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori – va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli; così come il diritto agli alimenti ex art. 433 c.c., legato alla prova dello stato di bisogno e dell’impossibilità di reperire attività lavorativa, sorge solo qualora i genitori non siano in grado di adempiere al loro diretto e personale obbligo (Cass. n. 10419/2018, n. 19015/2011, n. 20509/2010).
Dunque, si precisa, “l’obbligazione solidaristica, sussidiaria e subordinata grava proporzionalmente su tutti gli ascendenti di pari grado indipendentemente da chi sia il genitore che ha creato l’insorgenza dello stato di insufficienza dei mezzi economico”.
Se così è, allora, pur non potendosi configurare sul piano processuale un rapporto di litisconsorzio necessario di tutti gli ascendenti, gli stessi ben possono essere chiamati in giudizio a concorrere, ricorrendo i presupposti di legge, al mantenimento dei nipoti nel caso di impossibilità volontaria o non dei genitori, involgendo l’obbligo di mantenimento su tutti gli ascendenti di pari grado.
Ciò premesso, la decisione in rassegna evidenzia che risulta pacifico, nel caso di specie, che nell’ambito dell’originario procedimento soltanto ai nonni paterni era stato imposto di fornire al genitore che provvedeva a mantenere il minore i mezzi necessari per l’adempimento dei doveri nei confronti della prole.
Ebbene detto provvedimento, pur passato in giudicato, viene tuttavia ritenuto sempre soggetto – ad istanza di tutti i soggetti interessati (figli, coniugi e ascendenti debitori) – a revisione per sopravvenuti motivi: ciò contrariamente a quanto statuito dal giudice di merito che sulla domanda della reclamante (la nonna paterna) di estensione dell’obbligo di versamento del contributo al mantenimento del nipote anche alla nonna materna – con conseguente istanza di chiamata in causa di quest’ultima – ha disatteso tali richieste sul presupposto della mancata partecipazione all’originario giudizio dell’ascendente materno.
Di qui, allora, la ritenuta opportunità, in considerazione dell’assenza di specifici precedenti e della rilevanza nomofilattica della questione senz’altro meritevole di approfondimento, del rinvio della causa a nuovo ruolo, disponendone la trattazione in pubblica udienza.
Sulla tematica del concorso degli ascendenti ex art. 316-bis c.c., da ultimo, si è registrato di recente anche un ulteriore arresto della S.C. (Cass. Civ., Sez. I, 31 marzo 2022, n. 10450 e n. 10451) in punto di sussistenza dell’onere di contribuzione in rapporto alla rilevante novità legislativa rappresentata dal c.d. reddito di cittadinanza, introdotta dal decreto legge n. 4 del 2019 e s.m. e, che consiste, come noto, nell’erogazione di somme di denaro mensili quale misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla diseguaglianza e all’esclusione sociale, ad integrazione dei redditi familiari.
Si è affermato, nel dettaglio, che l’esiguità del reddito dei genitori dei beneficiari della contribuzione degli ascendenti ben può lasciar presumere “la sussistenza dei presupposti dell’erogazione del cd. reddito di cittadinanza, profilo che, dunque, deve essere oggetto di apposito accertamento da parte del giudice di merito, ai fini dell’adozione del provvedimenti ex art. 316-bis c.c.”.

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