Corte di Cassazione; sezione lavoro; ordinanza 1° dicembre 2022 – 9 marzo 2023, n. 7029
I. Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha affermato che la “giusta causa” di licenziamento ex art. 2119 c.c. integra una clausola generale che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, a condizione però che la contestazione in tale sede contenga una specifica denuncia di incoerenza del giudizio rispetto agli “standards” esistenti nella realtà sociale e non si traduca in una richiesta di accertamento della concreta ricorrenza degli elementi fattuali che integrano il parametro normativo, accertamento che è riservato al giudice di merito. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato l’ordinanza del giudice del reclamo che aveva escluso la giusta causa di recesso, in relazione alla condotta di un dipendente che aveva fatto apprezzamenti di carattere sessuale nei confronti di una collega, durante l’orario di servizio, alla presenza di altre persone, ritenendo che tali apprezzamenti non integrare una mera condotta inurbana, ma al contrario erano lesivi dei valori espressivi dei principi generali dell’ordinamento e presenti nella realtà sociale, posti a salvaguardia dell’orientamento sessuale degli individui).
L’ art. 2119 c.c. , configura una norma elastica, in quanto costituisce una disposizione di contenuto precettivo ampio e polivalente destinato ad essere progressivamente precisato, nell’estrinsecarsi della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, fino alla formazione del diritto vivente mediante puntualizzazioni, di carattere generale ed astratto, precisando che l’operazione valutativa, compiuta dal giudice di merito nell’applicare clausole generali come quella dell’ art. 2119 c.c. , non sfugge ad una verifica in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. lav., 21 aprile 2022, n. 12789, Foro it., Rep. 2022, voce Lavoro (rapporto di), n.), poiché l’operatività in concreto di norme di tale tipo deve rispettare criteri e principi desumibili dall’ordinamento.
La relativa valutazione deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla utilità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo. I fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da lederne irrimediabilmente l’elemento fiduciario e spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto addebitato ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un’utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi, innanzi tutto, rilievo alla configurazione che delle mancanze addebitate faccia la contrattazione collettiva, ma pure all’intensità dell’elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente e dalla qualifica rivestita, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla sua particolare natura e tipologia.
Nel caso di specie, l’attività di integrazione del precetto normativo di cui all’art. 2119 c.c., compiuta dal giudice di merito, ai fini della individuazione della giusta causa, è stata compiuta – come detto – con una motivazione carente e non adeguata, che non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati, in tema di standards di conformità ai valori dell’ordinamento, relativamente alla tutela della sfera sessuale degli individui, ai fini di determinare l’eventuale rottura del vincolo fiduciario tra le parti e la possibilità di prosecuzione del rapporto di lavoro.