Con ord. 22 febbraio 2017, n. 4534 (Foro it., Rep. 2017, voce Danni civili, n. 162), la Suprema corte aveva cassato la sentenza di merito che aveva liquidato il danno patito dal proprietario di un appartamento, «per diminuita godibilità del bene», in conseguenza di un allagamento proveniente da un appartamento sovrastante, in quanto non poteva considerarsi raggiunta raggiunta la prova di tale pregiudizio. In quella occasione i giudici della legittimità avevano affermato che la liquidazione in via equitativa del danno postula: 1) il concreto accertamento dell’ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato e non può essere assolto dimostrando semplicemente che l’illecito ha soppresso una cosa determinata, se non si provi, altresì, che essa fosse suscettibile di sfruttamento economico; 2) il preventivo accertamento che l’impossibilità o l’estrema difficoltà di una stima esatta del danno stesso dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l’entità (del resto, la liquidazione equitativa, se consente di sopperire alle difficoltà di quantificazione del danno, al fine di assicurare l’effettività della tutela risarcitoria, non può assumere valenza surrogatoria della prova, incombente sulla parte, dell’esistenza dello stesso e del nesso di causalità giuridica che lo lega all’inadempimento o al fatto illecito extracontrattuale: cfr. Cass. 18 marzo 2022, 8941, ForoPlus).
Un’ipotesi di allagamento è alla base anche della controversia definita dalla pronuncia in rassegna. Una società, infatti, aveva agito nei confronti del condominio dove erano ubicati il locali interrati da essa attrice condotti in locazione, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del loro allagamento (sul punto, va ricordato che l’obbligo risarcitorio del condominio per i danni conseguenti all’allagamento di parti dello stabile può scaturire anche da difetti di cose che abbiano un’attitudine oggettiva al godimento comune e siano concretamente destinate del medesimo al servizio di tutte le unità immobiliari condominiali: cfr. Cass. 13 marzo 2009, n. 6175, Foro it., Rep. 2009, voce Comunione e condominio, n. 124, con cui è stata confermata la sentenza d’appello che aveva dichiarato la responsabilità di un condominio per i danni conseguenti ad un allagamento causato dal cattivo funzionamento di una pompa di drenaggio, utilizzata dall’intero condominio per lo scarico delle acque, benché collocata in un locale di proprietà individuale non autonomamente accessibile per il condominio stesso). I giudici di prime cure accoglievano la domanda. L’importo della condanna veniva però ridotto in appello, in quanto la corte territoriale riteneva non dimostrato il danno alla merce presente nei locali allagati ed escludeva la possibilità di ricorrere alla valutazione equitativa dello stesso, in quanto non si era raggiunta in giudizio la prova che il danno si fosse verificato e che fosse impossibile o notevolmente difficile quantificarlo. La sentenza qui riportata conferma tale statuizione. Alla luce del menzionato precedente e dell’inconfigurabilità di un nocumento patrimoniale in re ipsa, viene disattesa la tesi della ricorrente secondo cui, una volta “accertata la responsabilità del condominio in entrambi i gradi di giudizio, la logica avrebbe imposto di ritenere che i beni […] depositati all’interno dei locali danneggiati dall’allagamento fossero andati almeno in parte perduti e che la difficoltà di quantificare il danno non potesse che emergere de plano dall’irriconoscibilità e dal deterioramento dei beni provocati dalla miscela di acqua, fango e reflui degli scarichi condominiali”.