Assegno familiare e stranieri

Assegno familiare e stranieri

Corte di Cassazione; sezione lavoro; ordinanza 9 marzo 2023, n. 6953
Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha afferma che l’assegno per il nucleo familiare in favore dei cittadini stranieri soggiornanti di lungo periodo in Italia è subordinato al requisito reddituale in capo all’intero nucleo familiare, senza che tale requisito possa ritenersi provato attraverso l’allegazione in giudizio del solo modello CUD attestante il reddito percepito in Italia dal richiedente, trattandosi di una misura rivolta non già all’integrazione economica della retribuzione del capofamiglia considerata insufficiente in via presuntiva, bensì all’introduzione di un beneficio in favore del nucleo familiare in relazione ad un accertamento in concreto del reale fabbisogno della famiglia, riferito al rapporto tra il numero dei componenti il nucleo e l’ammontare del reddito complessivo dello stesso; la prova del possesso del requisito reddituale del nucleo familiare è configurabile a carico tanto del cittadino italiano e/o europeo quanto del cittadino extraeuropeo soggiornante che ne abbia fatto richiesta, dovendosi pertanto escludere ogni forma di discriminazione.
L’assegno per il nucleo familiare, istituito con l’art. 2, d.l. 13 marzo 1988, n. 69, convertito con modificazioni nella l. 13 maggio 1988, n. 153, è una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da una o più persone e il cui reddito complessivo familiare sia al di sotto delle fasce reddituali stabilite di anno in anno dalla legge.
La legge n. 153/1988, introducendo l’assegno per il nucleo familiare ha configurato un istituto sensibilmente diverso da quello degli assegni familiari e relative maggiorazioni, in quanto ha teso a realizzare, anziché una integrazione economica della retribuzione del lavoratore capo famiglia considerata inadeguata in via presuntiva per la sola esistenza del carico familiare, una integrazione del reddito del nucleo familiare, pur corrisposta non in favore dei familiari singolarmente considerati come beneficiari, ma in favore del nucleo familiare complessivamente considerato e in relazione ad un accertamento in concreto del reale bisogno economico della famiglia, riferito al rapporto tra il numero dei componenti il nucleo familiare e l’ammontare del reddito complessivo dello stesso (Cass., sez. lav., 7 aprile 2000, n. 4419, Foro it., Rep. 2000, voce Previdenza e assistenza sociale, n. 444).
Sotto un profilo dogmatico può discutersi se, trattandosi di assegno per il nucleo familiare, possa parlarsi di titolarità di esso in capo (nell’ipotesi ora in esame) al padre o se costui non sia piuttosto il soggetto legittimato alla riscossione e il titolare dell’azione nelle controversie amministrative o giudiziarie eventuali (art. 57 T.U. cit.).
Resta, comunque, che i soggetti in relazione ai quali il nuovo trattamento viene riconosciuto sono qualificati dalla loro appartenenza al nucleo familiare, anche se, come riconosciuto dalla dottrina attenta al nuovo istituto, non sono conviventi e non sono a carico del richiedente per avere redditi propri, essendo rilevante, ai fini della percezione della prestazione, il reddito familiare complessivamente considerato.
II. La disciplina dettata dal citato art. 2., comma 3, d.l. 13 marzo 1988, n. 69, ha rinviato, per quanto non previsto, alle disposizioni del T.U. sugli assegni familiari, approvato con il d.p.r. 30 maggio 1955, n. 1124, e, dunque, ha lasciato in vigore la disciplina preesistente per quel che riguarda i presupposti oggettivi e le modalità di erogazione della prestazione, la quale assume a parametro, per il riconoscimento del diritto, il reddito familiare.
Nel citato d.l. n. 69/1988, art. 2, comma 10, è previsto che “l’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare”.
Ne consegue che, a norma dell’art. 2697 c.c., qualora si agisca in giudizio per far valere il proprio diritto all’assegno per il nucleo familiare occorre provare non solo lo svolgimento effettivo dell’attività lavorativa, ma anche l’insussistenza della condizione ostativa di cui al citato d.l. n. 69/1988, art. 2, comma 10 (Cass., sez. VI, 24 maggio 2022, n. 16710, id., Rep. 2022, voce cit., n.).

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