Nel caso vagliato dalla pronuncia in rassegna, Ordinanza di Cassazione n. 36736/2022, dovendo procedere allo scioglimento della comunione ereditaria, l’adito Tribunale aveva evidenziato che i beni caduti in successione, per la loro composizione e numero, non consentivano la formazione di un progetto di divisione in natura, che prevedesse quote omogenee per tutti i condividenti. Occorreva, dunque, seguire le indicazioni dell’art. 720 c.c. Nel disporre lo scioglimento della comunione, il primo giudice – con decisione avallata in appello – assegnando determinati beni al comunista che vantava la quota maggiore ed altri, congiuntamente, ai rimanenti coeredi, a cui altresì addossava l’obbligo di pagare una somma a titolo di conguaglio. Sennonché questi ultimi, pur avendo manifestato una generica disponibilità a ricevere i beni per i quali il primo non aveva mostrato preferenza, subordinatamente alla circostanza che a loro carico non fosse posto alcun conguaglio, non avevano avanzato alcuna esplicita richiesta di attribuzione.
Ciò ha comportato, uan volta giunti in sede di legittimità, la cassazione della sentenza resa dalla corte territoriale, inficiata dall’inesatta applicazione dell’art. 720 c.c. Il Supremo collegio – oltre a ricordare che il rifiuto di corrispondere il conguaglio annulla la volontà di attribuzione, la quale dev’essere incondizionata (v., nella motivazione, Cass. 6 ottobre 2021, n. 27086, Foro it., Rep. 2021, voce Divisione, n. 23, dove si puntualizza che, pur essendo ammissibile una richiesta di revisione della stima da parte del condividente che abbai richiesto l’attribuzione, deve risultare chiaramente che costui è comunque pronto a versare l’eccedenza, nell’ipotesi che il giudice non ritenga di dare seguito alla istanza di revisione) – evidenzia come, in difetto di richieste di attribuzione, da parte di un singolo o di condividenti raggruppati, “si apre inevitabilmente la via della vendita, dovendosi escludere che i poteri discrezionali attribuiti al giudice della divisione dall’art. 720 c.c. si estendano fino all’inclusione d’ufficio dell’immobile indivisibile nella porzione di un condividente che non ne abbia fatto esplicita richiesta, pur se titolare della maggior quota” (nel senso che, nel giudizio di divisione, a fronte di pluralità di immobili indivisibili, la richiesta di attribuzione di un immobile specifico non ricomprende la richiesta di attribuzione degli altri, v. Cass. 29 ottobre 1992, n. 11769, id., Rep. 1994, voce cit., n. 13; e in Giur. it., 1994, I, 1, 124, con nota di Canale). Del resto, per aversi attribuzione a più coeredi di un unico cespite pro indiviso, occorre la richiesta congiunta degli interessati, che sono soltanto coloro i quali rimarranno in comunione nei confronti del cespite di cui è stata domandata l’attribuzione (cfr. Cass. 7 ottobre 2016, n. 20250, Foro it., Rep. 2016, voce cit., n. 32).