L’ordinanza è fresca fresca, 1° dicembre 2022, n. 35419 e affronta sul versante civilistico i fatti della tragedia di Sarno ove morirono 137 persone, afferma che sussiste la responsabilità diretta della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 2043 c.c., per il fatto penalmente illecito commesso dalla persona fisica appartenente all’amministrazione, tale da far reputare sussistente l’immedesimazione organica con quest’ultima, non solo in presenza di formale provvedimento amministrativo, ma anche quando sia stato illegittimamente omesso l’esercizio del potere autoritativo.
La responsabilità dello Stato per l’illecito commesso dal pubblico dipendente è composta da una parte, dall’art. 28 Cost., norma alla base della responsabilità diretta della pubblica amministrazione e, dall’altra parte, dall’art. 2049 c.c., fondativa di una responsabilità indiretta e per fatto altrui della p.a. preponente.
Nasce la responsabilità allorquando è ravvisabile il funzionario o il dipendente commettano l’illecito nell’esercizio dell’attività istituzionale dell’ente e da questa si discostino per eccesso o abuso di potere, posti alla base di “atti compiuti in violazione di diritti” (art. 28 Cost.).
Al riguardo si osserva che le sezioni unite hanno ritenuto che “nessuna ragione giustifichi più, nell’odierno contesto socio-economico, un trattamento differenziato dell’attività dello Stato o dell’ente pubblico rispetto a quello di ogni altro privato, quando la prima non sia connotata dall’esercizio di poteri pubblicistici” (Cass., sez. un., 16 maggio 2019, n. 13246, Foro it., Rep. 2019, voce Responsabilità civile, n. 154).
Desumere un diverso regime di responsabilità a seconda che il proponente sia soggetto privato o pubblico, si risolverebbe in ingiustificato privilegio dello Stato o dell’ente pubblico. Pertanto le sezioni unite hanno ritenuto, che l’art. 28 Cost. non possa precludere l’applicazione della normativa del codice civile (art. 2049 c.c.) e pertanto il proponente pubblico dovrà d’ora in poi rispondere del fatto illecito del proprio funzionario o dipendente ogni qualvolta questo non si sarebbe verificato senza l’esercizio delle funzioni o delle attribuzioni o dei poteri pubblicisti.
Il comportamento della p.a. che può dar luogo, in violazione dei criteri generali dell’art. 2043 c.c., al risarcimento del danno o si riconduce all’estrinsecazione del potere pubblicistico e cioè ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, oppure si riduce ad una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali.
Nel primo caso (attività provvedimentale o, se si volesse generalizzare, istituzionale in quanto estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà), l’immedesimazione organica di regola pienamente sussiste e bene è allora ammessa la sola responsabilità diretta in forza della sicura imputazione della condotta all’ente; del resto, con l’introduzione della l. n. 241 del 1990 (in particolare, art. 21 septies), pure la carenza di un elemento essenziale – in genere esclusa se l’atto integra l’elemento oggettivo di un reato – comporta la mera nullità e non più l’inesistenza dell’atto, come invece voleva la dottrina tradizionale (col che potrebbe forse sostenersi l’attribuibilità all’ente dell’atto nullo poichè delittuoso, sia pure a certe condizioni).
Nel secondo caso, di attività estranea a quella istituzionale o comunque materiale, ove pure vada esclusa l’operatività del criterio di imputazione pubblicistico fondato sull’attribuzione della condotta del funzionario o dipendente all’ente (questione non immediatamente rilevante ai fini che qui interessano e che si lascia impregiudicata), non può però negarsi l’operatività di un diverso criterio: non vi è alcun motivo per limitare la responsabilità extracontrattuale dello Stato o dell’ente pubblico – se correttamente ricostruita, pure ad evitarne strumentali distorsioni o improprie sconsiderate dilatazioni al di fuori dell’esercizio di una pubblica potestà quando ricorrano gli altri presupposti validi in caso di avvalimento dell’operato di altri.
Nella vicenda oggetto della pronuncia in commento, l’aver omesso “di dare tempestivamente il segnale di allarme alla popolazione, di disporre l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio, di convocare ed insediare tempestivamente il comitato locale per la protezione civile, di dare tempestivo e congruo allarme alla Prefettura” è espressione di atti illeciti posti in essere da chi dipende dallo Stato o da un ente pubblico (e cioè da soggetti dai quali è legittimo attendersi una particolare legalità della condotta: nel caso di specie, si trattava de sindaco), con conseguente necessità di assicurare tutela risarcitoria dei diritti delle vittime.
L’attribuzione del potere illegittimamente non esercitato è criterio di responsabilità dell’autorità rimasta inerte, per cui non esercitare il potere non è un contegno meramente materiale della persona fisica, ma azione amministrativa illegittima ove quel potere doveva essere esercitato. Costituendo manifestazione di attività istituzionale anche l’omesso esercizio di potestà pubblica, la responsabilità del Comune e ha carattere diretto ai sensi dell’art. 2043 c.c.