I. La pronuncia in commento si conforma all’indirizzo a mente del quale ai fini della sussistenza del riconoscimento previsto dall’art. 2944 c.c., quale atto interruttivo della prescrizione, non sono richieste formule speciali o particolari, essendo sufficiente che esso risulti univoco, nel senso che promani da un atto o fatto incompatibile con la volontà di non riconoscere il diritto, rispetto al quale la prescrizione ha già iniziato il suo decorso; da ciò consegue che deve escludersi che un tale riconoscimento possa derivare da un atto proveniente da un terzo (Cass., sez. 3, 29 novembre 2012, n. 21248, in Foro it., 2013, I, 911).
Si è ritenuto che l’interruzione della prescrizione debba essere rigorosamente provata in tutti i suoi elementi dalla parte che la allega; in particolare, quando si prospetta che l’interruzione derivi da un preteso riconoscimento del debito, il creditore deve provare che tale riconoscimento proviene direttamente dal debitore o da soggetto abilitato ad agire in nome e per conto di quest’ultimo (Cass., sez. 2, 22 gennaio 2002, n. 676, Foro it., Rep. 2004, voce Prescrizione e decadenza, n. 101; Cass., sez. 2, 6 settembre 1993, n. 9357, id., Rep. 1993, voce cit., n. 53).
Peraltro, l’indagine diretta a stabilire se una dichiarazione o un fatto costituisca riconoscimento, ai sensi dell’art. 2944 c.c., rientra nei poteri del giudice di merito, il cui accertamento non è sindacabile in Cassazione se immune da vizi logici ed errori giuridici (Cass. 24 novembre 2010, n. 23821, id., Rep. 2010, voce cit., n. 70).
La Corte di Cassazione ha ritenuto che la proposta transattiva integra gli estremi dell’atto idoneo ad interrompere la prescrizione, tutte le volte in cui, dal comportamento di una delle parti, emerga il riconoscimento dell’altrui diritto di credito, mentre risulti che il mancato raggiungimento della transazione dipenda esclusivamente da questioni attinenti alla liquidazione del quantum (Cass., sez. 3, 14 luglio 2009, n. 16379, id., 2010, I, 494).