I. – Per la pronuncia in commento in tema di rappresentanza, possono essere invocati i principi dell’apparenza del diritto e dell’affidamento incolpevole allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente (in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto l’efficacia di operazioni di addebito sul conto corrente societario eseguite da una collaboratrice priva del potere di compiere atti dispositivi in rappresentanza della società, non essendo state sollevate contestazioni, per un periodo di quattro anni e mezzo, nonostante la mancata ricezione degli estratti conto, non segnalata alla banca, tollerando la continua movimentazione del conto corrente, ove erano state effettuate 124 operazioni per l’importo complessivo di euro 406.658,66, alcune delle quali eseguito nell’intesse della società).
Tale decisum muove dal principio dell’apparenza del diritto, che poggia su quello più generale della tutela dell’affidamento incolpevole, possa essere dal terzo invocato in tema di rappresentanza negoziale nei confronti dell’apparente rappresentato (in guisa da far gravare in capo a quest’ultimo le obbligazioni derivanti dal negozio concluso dal rappresentante senza poteri) a determinate condizioni, le quali, nel loro concorso, vengono a configurare il fenomeno della c.d. “apparenza colpevole”, espressione del principio di autoresponsabilità, che si coniuga ad esigenze di certezza dei traffici commerciali ed impone una verifica sotto la lente dei principi di buona fede e correttezza, nonché, come già detto, dell’affidamento (Cass., sez. I, 2 marzo 2016, n. 4113, Foro it., Rep. 2016, voce Rappresentanza nei contratti, n. 5).
Condizioni, queste, che, in particolare, si concretano nell’esistenza di una situazione di fatto difforme da quella di diritto, nella sussistenza della buona fede del terzo che abbia stipulato con il falso rappresentante, nonché nella sussistenza di un comportamento colposo del rappresentato oggettivamente idoneo ad ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente.
II. – Nel caso esaminato nella pronuncia in commento l’autoresponsabilità della società è desunta dalla rendicontazione delle operazioni.
Invero, è stata ricondotta alla rappresentanza apparente l’ipotesi in cui un soggetto diverso dall’incaricato del correntista legittimato a operare sul conto corrente esegua sullo stesso operazioni di prelevamento senza che il titolare del conto abbia a sollevare contestazioni pur a fronte della mancata ricezione degli estratti conto. Infatti, anche in caso di mancata ricezione di estratti conto al titolare del rapporto può imputarsi, secondo le circostanze, un comportamento colposo produttivo dell’altrui affidamento. E tale comportamento colposo ben può consistere nel tollerare l’eventualità che il conto corrente di cui si sia titolari venga continuativamente movimentato, senza preoccuparsi di avere conoscenza del suo reale andamento e senza aver cura di segnalare alla banca il disguido che si frapponga a tale conoscenza.